IL TRIBUNALE Letti gli atti del processo n. 90/97RGT. a carico di Rapisarda Salvatore piu' 9 ha emesso la seguente ordinanza. Letta la memoria depositata in data odierna dall'avv. Angelo Tornabene, quale sostituto processuale dell'avv. Santa Foresta del foro di Roma, quest'ultimo difensore di fiducia dell'imputato Ianni Gaetano, collaboratore di giustizia, sottoposto a speciale programma di protezione, assente all'odierna udienza perche' rinunciante essendo stato disposto il suo accompagnamento presso questa sede giudiziaria, atteso che il combinato disposto dagli artt. 146-bis e 147-bis norme att. c.p.p. non prevede la partecipazione al dibattimento a distanza, con il sistema della videoconferenza, per i soggetti che collaborano con la giustizia, a meno che gli stessi non siano in stato di detenzione in carcere (art. 146-bis norme att. c.p.p.) ovvero nel caso in cui sia disposto il loro esame come imputati nel medesimo processo (art. 147-bis norme att. c.p.p.); Rilevato che con la memoria suddetta il predetto difensore ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146-bis norme att. c.p.p. - per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. - nella parte in cui detta norma non prevede che, qualora si proceda per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., sia disposta in ogni caso (e non solo nell'ipotesi in cui l'imputato, collaboratore di giustizia, sottoposto a speciale programma di protezione, si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in carcere) la partecipazione dello stesso a distanza mediante collegamento audiovisivo, nelle forme previste dal comma 3 dello stesso articolo 146-bis disp. att. c.p.p.; Sentite le parti; O s s e r v a La questione dedotta e' rilevante, attenendo al diritto dell'imputato di intervenire ed assistere al processo che si celebra nei suoi confronti, la cui violazione e' sanzionata da nullita' di ordine generale dall'art. 178, lettera (c), c.p.p. Tale questione appare anche non manifestamente infondata. Ed invero, l'art. 146-bis norme att. c.p.p, sopra citato, prevede, alla lettera (a), che, "qualora sussistano gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico", e' consentita la partecipazione al dibattimento a distanza all'imputato nel processo che si trovi a qualsiasi titolo detenuto in carcere, norma che, a fortiori e' stata estesa ed applicata anche a coloro che, imputati nel processo, collaborano con la giustizia: Detta disposizione si inquadra in un sistema di norme che mirano a garantire la sicurezza dell'imputato e il presidio di ordine pubblico che potrebbe essere gravemente compromesso da traduzioni di soggetti pericolosi e/o a rischio. La norma censurata trova corrispondenza, con riferimento agli imputati che collaborano con la giustizia, nell'art. 147-bis norme att. c.p.p. che prevede particolari misure di cautela, come il collegamento audiovisivo, soltanto per l'esame degli stessi in dibattimento. Tale sistema di norme potrebbe essere passibile di censura sotto il profilo delle norme costituzionali di cui si assume la violazione, oltre che del principio di ragionevolezza che deve presiedere al sistema di norme che disciplinano un'identica materia in relazione ai principi costituzionali. Nel caso di specie, infatti, la disciplina di cui all'art. 146-bis norme att. c.p.p. nella parte oggetto di questione di costituzionalita', da leggersi in combinazione con il disposto del successivo art. 147-bis norme att. c.p.p., necessita della verifica del giudice delle leggi, non potendosi dare alle norme piu' volte citate, un'interpretazione senza dubbio conforme ai principi costituzionali. Ed infatti, occorre apprezzare se siffatta disciplina non contrasti con il diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione, con quello cosiddetto del "giusto processo", di cui all'art. 111 della Costituzione, nonche', sotto un profilo piu' generale, con il principio di eguaglianza posto dall'art. 3 della Costituzione, e cio' in quanto l'imputato che versi nella posizione predetta si trova a dovere scegliere fra due diritti fondamentali, quali quello, da una parte, di difendersi partecipando al dibattimento in condizioni di parita' con le altre parti, anche al fine di garantire il contraddittorio fra le stesse e, dall'altra, quello di non esporre se' medesimo a situazioni che potrebbero gravemente mettere in pericolo la propria incolumita' fisica. Dette conclusioni appaiono tanto piu' meritevoli di verifica ove si consideri che gli stessi diritti fondamentali sopra richiamati vengono garantiti dal nostro ordinamento ad altri soggetti che versano in situazioni sostanzialmente analoghe (gli imputati nello stesso processo che collaborano con la giustizia e che sono detenuti in carcere ovvero quelli che partecipano al dibattimento ex art. 210 c.p.p. ovvero come testimoni), senza che detta differenza di trattamento trovi ragionevoli giustificazioni anche alla luce delle norme costituzionali di cui si assume la violazione.